“E anche quando fu accolto negli Inferi, mai smise di contemplarsi nelle acque dello Stige”
Ovidio, Metamorfosi
Il riconoscimento del nostro valore, o soltanto della nostra esistenza, genera un senso di gratificazione che pone le sue radici nella biochimica dei comportamenti umani. Mentre trascorriamo il tempo sui social media siamo spinti a compiere determinate azioni, come postare contenuti o commentare post, aspettandoci di ricevere una risposta al nostro operato. Secondo la teoria del Dopamine-driven feedback loop, i like, i commenti e le condivisioni che riceviamo vengono interpretati dal cervello umano come una ricompensa, che stimola la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore noto anche come sostanza chimica del piacere.
Finché c’è il selfie c’è speranza
In conclusione, ogni manifestazione della nostra presenza digitale, il cui massimo esempio è il selfie, serve ad illuderci di non essere soltanto un componente del sistema, destinato a scomparire nel flusso di vite altrui e tormentato nell’attesa di un riconoscimento che potrebbe non arrivare mai. Ogni post è utile a rimettere al centro il proprio Io, in tutta la sua gamma di emozioni, ricordi ed esperienze memorabili che vale la pena di condividere. Naturalmente occorre sempre scegliere con attenzione la superficie dove ci si sta specchiando, perché quella dello smartphone nasconde acque profonde, da cui si rischia di venire inghiottiti. Narciso docet.